Le origini
Città antichissima Canosa, centro dauno fiorente fin dal VII secolo a.C., tanto ricco e potente da allearsi con Roma, e da diventare per Roma un nodo strategico importantissimo, una città con la quale scendere a patti, e poi città federiciana, retroguardia delle Saline e avamposto dell'Impero.
E come una spugna il sottosuolo di Canosa, depositario delle tracce preziosissime di questa storia, le ha nel tempo prima assorbite e poi rilasciate, a poco a poco fino ad oggi. Certo è che la «storia archeologica», la storia sotterranea di Canosa, è ormai diventata quella ufficiale: troncata, in qualche modo congelata, dalla fine dell'Impero Romano.
Come se dopo quella sequenza di secoli così ricchi, così spostata in avanti rispetto all'inizio della storia delle altre città di questo territorio, Canosa non fosse storicamente più esistita, se non proiettata nell'immagine di quelle glorie passate. Ma è proprio questa la sua peculiarità, e in questo risiede il fascino indiscusso di questi luoghi: nel fatto di costituire essa stessa una specie di museo, non racchiuso in stanze ma fatto di continui affioramenti, improvvisi e imprevisti, come se l'importanza di quel passato chiedesse di volta in volta, anche ai giorni nostri, un «pedaggio» alla modernità.
Per entrare nel vivo di questa questione, è utile ricordare che l'attenzione all'archeologia, e anzi il concetto stesso di scavo archeologico, risale alla cultura ottocentesca. Dal Medioevo all'Ottocento quindi, Canosa ha condiviso la sua storia con quella dei comuni circonvicini: storia feudale, basata su un'economia rurale, ignara degli splendori precedenti. Da grande e nobile centro manifatturiero, commerciale e artistico che era nell'antichità, la Canosa feudale si fece agricola, e si creò la sua zona produttiva: immensa, estensiva, non urbanizzata, in aperta contrapposizione con l'idea di «centro» del nucleo abitato antico.
Dal Medioevo e per tutta l'età moderna i contadini hanno continuato a rientrare a sera nella città, luogo del riposo e degli affetti, dopo la giornata passata a lavorare «nella campagna». E a questa città moderna e alla sua ininterrotta evoluzione, hanno cercato di dare una nuova identità e un nuovo senso.
Da questa seconda storia, medievale e moderna, nasce la dicotomia fra storia antica e immagine attuale della città, e l'idea del reperto come «ospite indesiderato», felice definizione che fu anche il titolo di una mostra cittadina che tentava di dar conto dell'incidenza del fatto archeologico sul sentire collettivo contemporaneo. A ogni scavo per la costruzione di un nuovo edificio, la terra «rilascia» tesori fino a quel momento nascosti: il ritrovamento della meravigliosa Tomba degli Ori, per fare un esempio, risale appena al 1991. Canosa non è uno scavo archeologico permanente, eppure i ritrovamenti sono continui, e la città (ormai «presidiata», se così si può dire, da Sovrintendenze ai Beni Archeologici e Università) deve accogliere queste ricchezze, confrontarsi con esse, e in questo specchio continuamente riconoscersi.
Canosa non è Pompei e non è Paestum, è come Roma: una città attuale e in continua evoluzione, innestata in uno scrigno di tesori, alla quale l?estetica ottocentesca del «rudere» ha fatto più male che bene - sostituita fortunatamente oggi con quella di città stratificata, da osservare per così dire «in sezione».
Ecco perché una visita a Canosa è un'esperienza dello spirito, più che un semplice itinerario monumentale: un'esperienza decisiva per la nostra sensibilità di moderni, che non abbiamo più la cultura repertoriale e catalogativa dell'ottocento, né il suo atteggiamento romantico, ma un senso vivo della storia e la consapevolezza dal continuo intrecciarsi del potere con i popoli, dell?arte con la produzione, della conservazione con l'evoluzione, e di tutto questo con la forma attuale e le prospettive di una città.
Solo osservando Canosa in questo modo, e godendo degli splendidi monumenti che ci offre senza dimenticare la città-spugna che faticosamente li contiene e li rilascia (e che dopo averli portati alla luce deve porsi il problema della loro conservazione, della valorizzazione, della divulgazione, e di nuovo della preservazione), scopriremo il suo enorme potenziale estetico, e impareremo a procedere di sorpresa in sorpresa.
Capiremo così che i tesori in cui ci imbattiamo non sono semplicemente materiale per i musei archeologici, ma si trovano già in un museo a cielo aperto: Canosa stessa e il suo territorio-scrigno, che di tanto in tanto si socchiude alla nostra meraviglia, mescolandosi con le campagne «di oggi», col costruito «di oggi», e con la vitalità cittadina che quotidianamente attinge a quell'immaginario di autonomia, di potenza, e certamente di bellezza.